martedì 10 settembre 2013

Il segreto delle bollicine

In tutto il mondo Champagne è sinonimo di party e festeggiamenti. Effervescenza e bollicine, tipiche di questa bevanda, sono infatti il segno caratteristico di molte occasioni festose.

Molti ascrivono a Dom Pérignon il merito di aver inventato lo champagne. Comunque stiano le cose, è certo che lui contribuì notevolmente a migliorarne la qualità. Questo monaco benedettino fu cellerario dell’abbazia di Hautvillers, nel cuore della regione francese della Champagne, dal 1668 fino alla sua morte, avvenuta nel 1715. Alcuni attribuiscono a lui il merito di aver messo a punto numerose tecniche tuttora usate nella produzione dello champagne.
I primi a entusiasmarsi per il vino spumante furono gli inglesi, ma fu la corte francese a scoprire questa bevanda di lusso nel XVIII secolo. Va detto, però, che per poter essere chiamati champagne i vini devono essere prodotti nell’omonima regione della Francia. Anche l’uva deve provenire da lì!
Uno scorcio della regione francese 'Champagne'
Fino a una profondità di circa 100 metri il sottosuolo della regione della Champagne è gessoso ed è coperto da un sottile strato di materiale alluvionale. Questa caratteristica garantisce un’umidità costante, e di notte il terreno restituisce il calore accumulato durante il giorno. Inoltre le radici delle viti penetrano nel terreno a oltre 10 metri di profondità, facilitando   l’assorbimento dei minerali essenziali alla finezza del vino.
Benché la regione che porta il nome dello champagne abbia un’estensione di circa 35.000 ettari, le vigne occupano approssimativamente 28.000 ettari. Le viti vengono piantate sulla parte superiore della collina per limitare gli effetti devastanti delle gelate, come quella del 1985 in cui la temperatura toccò i 30 gradi sotto lo zero. Si coltivano tre vitigni diversi: il Pinot Meunier, il Pinot Noir e lo Chardonnay. I primi due producono uve nere mentre il terzo uve bianche.
Il vino Chardonnay

I grappoli raccolti vengono messi immediatamente in grandi torchi poco profondi, per evitare che le bucce tingano il succo. Da una prima spremitura di quattro tonnellate d’uva si ottengono 2.050 litri di cuvée, usata solo per i vini migliori. Dalle due successive spremiture si ottengono rispettivamente 410 e 205 litri di succo di qualità inferiore. Dopo di che, tutto ciò che si ricava non è vero champagne.
Per alcune settimane i fermenti lavorano silenziosamente nei fusti di quercia o d’acciaio. Consumando gli zuccheri presenti nel succo d’uva, i microrganismi rilasciano alcool e anidride carbonica come prodotti di rifiuto. La prima fermentazione è simile a quella che avviene in qualsiasi vino. Il risultato di questo processo è un vino tranquillo, non spumante. È giunto il momento di trasformare quest’ottimo vino in un nettare effervescente.
Si misura il contenuto di zucchero del vino tranquillo e lo si regola approssimativamente a 25 grammi per litro aggiungendo un liquore composto da zucchero di canna dissolto in vino invecchiato. Il vino così ottenuto viene poi imbottigliato e sigillato con tappi provvisori. Per parecchi mesi le bottiglie vengono lasciate riposare in posizione orizzontale nelle cantine a una temperatura di 10 gradi. In questo periodo i lieviti si rimpinzano di zucchero e iniziano lentamente la seconda fermentazione. Consumando di nuovo zucchero, i microrganismi producono altra anidride carbonica. Ma questa volta, a differenza di quanto è avvenuto nei tini, l’anidride carbonica non può uscire. Rimane imprigionata nelle bottiglie, aumentando costantemente la pressione a circa sei atmosfere. Quando le bottiglie vengono stappate, si liberano cinque o sei litri di gas che determina la famosa effervescenza e i milioni di bollicine.
Per sostenere tale pressione, le bottiglie devono essere robuste e vanno tappate con forza. In passato ciò presentava notevoli difficoltà ai produttori. Per esempio, nel libro The Story of Wine Hugh Johnson riferisce che verso la fine del XIX secolo “era decisamente poco saggio avventurarsi in una cantina di champagne, soprattutto in primavera, senza una maschera di metallo per proteggere la faccia dai frammenti di vetro che volavano”.
Lo champagne, però, non è ancora pronto. Bisogna eliminare il deposito costituito dalle cellule dei lieviti morti e dai sali minerali per impedire che intorbidino il vino. Questo è il compito tradizionale dei remueurs, o scuotitori di bottiglia. Le bottiglie vengono inclinate progressivamente con il collo verso il basso e ogni giorno i remueurs le ruotano da un ottavo di giro fino a un quarto di giro. Alcuni remueurs riescono a ruotare fino a 10.000 bottiglie all’ora! Nel caso degli champagne comuni, però, questa fase si sta gradualmente automatizzando.
Alcuni remueurs all'opera

Infine il deposito si raccoglie nel collo della bottiglia. Viene eliminato mediante un processo detto dégorgement, sboccatura. Il collo delle bottiglie capovolte viene immerso in una soluzione salina a -27 gradi. Le bottiglie vengono quindi aperte rapidamente. La pressione interna fa uscire il deposito ghiacciato. Per compensare la perdita di volume viene aggiunto nuovo liquore. Il suo grado zuccherino determina se lo champagne sarà brut (secco), demi-sec (semisecco) o dolce, per soddisfare i gusti del consumatore. Ora le bottiglie possono finalmente essere sigillate con speciali tappi di sughero che gradualmente hanno assunto la tipica forma a fungo, una delle caratteristiche dello champagne.
Il tappo, però, dev’essere assicurato saldamente. I primi tentativi di fissarlo usando la canapa fallirono, perché quest’ultima marciva a causa dell’umidità delle cantine. Poi fu la volta del semplice filo metallico, ma si arrugginiva e tagliava il sughero. Infine, venne un’altra idea: mettere sul tappo di sughero un cappuccio di metallo e fissarlo con una gabbietta di filo metallico. Questo è il sistema con cui si sigillano le bottiglie da 150 anni a questa parte. Infine si applicano il collare e l’etichetta decorativa.
Si è cercato di produrre un vino simile in molte zone vinicole. Pur utilizzando gli stessi metodi, però, il prodotto finale può chiamarsi solo spumante, non champagne, dato che il nome è protetto. Recentemente uno stilista francese ha messo in circolazione un profumo col nome di Champagne, ed è finito in tribunale. È successa la stessa cosa a un inglese che ha immesso sul mercato una bevanda fatta con i fiori di sambuco chiamandola Elderflower Champagne e confezionandola in bottiglie simili a quelle dello champagne.
Come nel caso di molte industrie, anche quella dello champagne attraversò una crisi economica. Dopo i record di produzione del 1989, con 249 milioni di bottiglie, le vendite diminuirono lasciando molta eccedenza. Oggi i viticoltori limitano la produzione favorendo la qualità.
Lontano dalla luce e a una temperatura costante lo champagne può essere conservato per alcuni anni, ma è già stato invecchiato dal produttore. Pertanto lo si può consumare appena acquistato. Come va servito? Dovrebbe essere messo in fresco a una temperatura fra i sei e i nove gradi. A tal fine, un buon metodo può essere quello di mettere la bottiglia in un secchiello con acqua e cubetti di ghiaccio. Poi si dovrebbe versare lo champagne in bicchieri a calice alto e stretto per mettere in evidenza le bollicine che salgono.
Perciò se vi capita di assaggiare questa bevanda deliziosa pensate alle cure costanti che ci sono volute per realizzarla e godetevi i milioni di bollicine di cui ora conoscete il segreto.


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